La death education nasce negli anni ’60 del 900 nel mondo anglosassone.
L’evoluzione scientifica e tecnologica ha permesso di allungare la durata media della vita portando ad allontanare sempre di più il pensiero della morte, separandola del tutto dalla vita.
Da una cosa vissuta e condivisa con la comunità, la morte diventa qualcosa di occulto, da gestire in famiglia e avviene per lo più in ospedale in presenza delle figure sanitarie.
Questo
modo di gestire la morte viene definito censura,
tabù o pornografia della morte.
La death education ha lo scopo di:
- far riflettere e discutere sul tema della morte, dando voce alle proprie emozioni, paure e angosce;
- aiutare le persone a creare le condizioni per potersi preparare a gestire ciò che può accadere dopo una diagnosi infausta;
- prendere coscienza dei problemi che possono essere legati all’ultima fase della vita;
- dare
maggiore valore alla propria vita e a cercarne il senso proprio perché è
destinata a concludersi.
Negli Stati Uniti quasi il 90% dei corsi di laurea per i professionisti sanitari ha attivato curricula di death education; in Europa e, in particolare in Italia, siamo ancora abbastanza indietro su questo aspetto.
Sono ancora molto diffuse la censura della morte e la convinzione che parlare di questo argomento, specialmente ai più giovani, possa contribuire ad aumentare angoscia e paura.
In realtà, sono sempre più presenti evidenze scientifiche che testimoniano il contrario.
Questi percorsi possono essere realizzati con le persone in
qualsiasi momento della loro vita, dall’età scolare in poi, siano esse sane o
ammalate, così come sul personale sanitario, a diversi livelli di prevenzione:
- primaria, con persone che non hanno subito lutti recenti né sono alla fine
della loro vita o lo è qualche loro caro;
- secondaria, con persone che hanno ricevuto una diagnosi a prognosi infausta
ed i loro famigliari per lavorare sul lutto anticipatorio, per informarli e
sostenerli nelle scelte di cura, e per prepararsi alla morte;
- terziaria, con persone che hanno perso un proprio caro allo scopo di attivare
il lavoro di elaborazione del lutto affinché possa fare il suo corso e non trasformarsi
in un’esperienza impossibile da assimilare e che ricada in esiti patologici.
Educare alla morte e prepararsi ad essa “è un obiettivo fondamentale al quale bisogna dedicare la medesima attenzione che si dedica ogni istante al vivere: al saper vivere bene deve corrispondere il saper morire altrettanto positivamente (Ines Testoni, Psicologia Palliativa, p.64).”
Con il termine lutto, dal latino lugere (piangere), si fa
riferimento alle reazioni psicologiche e fisiche conseguenti ad una perdita non
necessariamente legata alla morte di qualcuno ma che può riguardare molteplici
eventi della vita. Per esempio, la perdita di lavoro, il trasferimento, il
cambio di casa, la fine di una relazione sentimentale o di amicizia e molto
altro.
Esistono numerosi modelli teorici che descrivono le reazioni emotive alle quali
si va incontro quando si fa fronte ad un lutto ed altri che descrivono i
"compiti" che attendono i dolenti per integrare la perdita nella loro
esperienza di vita. Questi modelli sono utili per comprendere le emozioni
dei dolenti e per normalizzarle, ma è importante tenere preente che il processo
di elaborazione del lutto è un processo complesso che implica
più di un attraversamento di fasi "essenziali" e, soprattutto,
dipende da fattori come:
- la relazione con la persona morta;
- la modalità con cui è avvenuto il decesso;
- la presenza di reti sociali;
- la possibilità di effettuare un rito funebre;
- etc.
La lingua inglese ci permette di distinguere le diverse componenti di
questo concetto che ne rispecchiano la complessità:
- grief è la reazione affettiva alla perdita ed include
risposte sia a livello psicologico, sia fisico. Non comprende solo il dolore ma
un'enorme varietà di reazioni diverse a seconda delle persone e di altri
fattori connessi al tipo di perdita.
- bereavement da bereave (privare, perdere) è la situazione
oggettiva di aver perso una figura significativa.
- mourning si riferisce alla manifestazione pubblica del
dolore, alle espressioni sociali o agli atti che esprimono la sofferenza
plasmati dalle credenze e dalle pratiche di una data società o gruppo culturale
(per esempio rituali e cerimonie).
E' fondamentale tenere presente che il dolore, la rabbia, la sofferenza, la negazione, il rifiuto, l'incredulità lo shock, e tutte le altre reazioni emotive e fisiche sono normali. Esse non sono patologiche né espressione di un disagio psichico. Sono piuttosto l'incapacità diffusa ad affrontare la morte, la censura su di essa, l'assenza dell'appoggio comunitario così come l'isolamento di chi soffre, a farle diventare tali.
Quando il
dolente riesce ad integrare il cambiamento risultante dalla perdita, a
mantenere un buon adattamento alla realtà e quando si attenuano le reazioni
emotive il lutto è considerato elaborato.
Il superamento del lutto permette
di mettere in atto delle trasformazioni nella propria vita e nei propri valori,
facendo tesoro dell'esperienza attraversata e di acquisire maggiore
consapevolezza e nuove risorse.
Lorenza Palazzo | Psicologa - Privacy Policy