Lorenza Palazzo Psicoterapeuta

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La storia di una paziente raccontata dal suo psicoterapeuta. 

La metafora della musica per indicare una sintomatologia legata ad una disfunzione sessuale.

Non ho amato la chiave interpretativa psicoanalitica - a tratti eccessiva - con cui è scritto questo libro che si distanzia molto dal mio modello teorico di riferimento.

Ho trovato più interessanti i vissuti del terapeuta che mi rimangono da questa lettura:

- quanto le storie di alcuni pazienti possono toccarci più di altre e diventare, talvolta, un'ossessione;

- fino a dove possiamo spingerci per essere d'aiuto e curare i nostri pazienti?

- avere fiducia della nostra pancia e delle nostre intuizioni che possono rivelarsi più "giuste" delle strutture teoriche di cui ci armeggiamo.

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Leggendo questo romanzo mi è venuta in mente la frase di Paul Goodman: "Ciò che non si completa, si perpetua".

Sembra impossibile, per i protagonisti di questa storia, poter continuare a vivere senza aver chiuso con alcune vicende passate, senza aver detto quella parola che non è riuscita ad uscire, senza aver fatto quel gesto rimasto incompiuto.
Questo romanzo ci spinge a riflettere sulla preziosità del tempo che abbiamo a disposizione e sulle possibilità che possiamo darci correndo il rischio di portarci pienamente nell'incontro con l'altro.

Lettura snella, divertente e profonda allo stesso tempo che, inevitabilmente, ci fa chiedere: cosa farei se potessi tornare indietro nel passato o sbirciare nel futuro per il tempo di un caffè?

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L’incontro con questo libro non è stato fluido. L’ho iniziato e mollato due, tre volte.

Ho letto altre cose e poi, finite quelle, l’ho ritrovato lì, sul comodino a continuare ad essere, per conto suo, in attesa che io avessi lo spazio e il modo giusto per sapere come prenderlo.

É un po’ quello che succede al protagonista della storia, che osserva e a volte scruta suo figlio adolescente tentando di comprenderlo e di capire se, come e quanto avvicinarsi a lui.

«E come tutte, come tutti, mi imbarco in una vaga chiacchierata a proposito di una persona, mio figlio, che entrambi conosciamo poco e male, e il cui destino sfugge giorno dopo giorno dalle nostre mani, ovviamente, perché così è la vita.»